Se tutti i servizi si chiamano consulenza, come fa il cittadino a raccapezzarsi di fronte all’offerta del mercato? Il risultato di chiamarsi tutti consulenti è un gran pasticcio e non fa altro che alimentare il clima di sfiducia di cui è vittima il settore finanziario.
Forse oggi le cose sono un po’ più chiare, a prescindere dai più o meno goffi tentativi di mascherare la realtà con opportunistici cambi di denominazione degli operatori finanziari o dalle reiterate omologazioni di servizi che non hanno nulla in comune tra di loro. Ma andiamo con ordine.
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Prodotto o Servizio?
Innanzitutto, a prescindere dalle definizioni ufficiali, sembra ci sia finalmente chiarezza sulla differenza tra “prodotto” e “servizio”: siamo di fronte ad un prodotto se questo nasce prima ed altrove rispetto all’incontro con il cliente/consumatore (per questa ragione, un prodotto non può che essere standardizzato e presentare un’unica “taglia”: inevitabilmente, lo si può solo distribuire); al contrario, si può parlare di servizio se questo nasce nel luogo e nel momento dell’incontro con l’utente (ed ecco perché il servizio non può che essere su misura e indipendente, ovvero inevitabilmente scevro all’origine da qualsiasi indicazione commerciale).
Vista in questo modo, la consulenza è il servizio finanziario per eccellenza.
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Investitore fai da te?
Anche per quanto riguarda gli obiettivi e l’adeguatezza del servizio sembra che siano stati fatti importanti passi in avanti: è infatti oramai chiaro come il servizio di consulenza sia adatto solo ai consumatori cosiddetti “deleganti”, ovvero a coloro che necessitano – a vario titolo – di supporti e correttivi e che per questo desiderano un’assistenza continuativa con l’operatore di fiducia.
Nulla a che vedere dunque con il consumatore “fai da te”, né tanto meno con il cosiddetto “validatore”, i quali di fatto scelgono gli uni di rinunciare alle tutele previste dalla legge e dagli organi di controllo e gli altri di trattenere su di sé la responsabilità sulla coerenza dei prodotti scelti verso i propri bisogni (come d’altronde è giusto che sia ogniqualvolta si è di fronte ad “esperti in materia”).
Tutt’altro scenario invece nel rapporto tra consumatore delegante e consulente, nel quale quest’ultimo rimane il solo e unico responsabile dell’adeguatezza delle proposte emesse.
Oltretutto, il fatto che la figura del consulente sia stata finalmente riconosciuta come parte integrante del servizio stesso, presenta un ulteriore elemento di novità.
Indipendenza e “dintorni”
Invece un po’ più di confusione resta ancora qualora si voglia distinguere la consulenza offerta su base indipendente da quella offerta su base non indipendente: qualche ulteriore approfondimento può essere utile.
- a differenza di quanto accade nella consulenza non indipendente e del servizio di collocamento ad essa collegato, dove attraverso la cosiddetta “parcella occulta” il cliente perde facilmente il conto (e talvolta addirittura la memoria) degli oneri a cui si sottopone, la consulenza finanziaria indipendente prevede, con l’emissione della parcella, la massima trasparenza sui costi;
- sul piano degli strumenti potenzialmente oggetto del servizio, la consulenza indipendente non è soggetta ad alcuna limitazione: contano solo i confini del profilo di rischio di ognuno, ed è dunque nel quadro del servizio di consulenza stesso che si può scegliere di escludere solo quegli strumenti che risultino comunque non adeguati al cliente;
- non è obbligatorio cambiare intermediario o moltiplicarne inefficacemente il numero. Piuttosto, il cliente viene aiutato a valutare pro e contro di ciascun partner finanziario ed eventualmente a sostituirli in maniera opportuna;
- ma soprattutto, nessuno tenta più di vendere qualcosa a chicchessia (obbligando il cliente a domandarsi continuamente se l’operazione da compiere sia più utile ai propri interessi o a quelli di chi gliela sta proponendo). La consulenza consiste solo in proposte finanziarie personalizzate, che il cliente si riserva o meno di accettare. Nient’altro.
Sembra intuitivo come, per l’utente finale, una consulenza finanziaria resa su base indipendente sia ragionevolmente e ampiamente da favorire.
Queste sono quelle che ci piace chiamare le quattro “regole del gioco”, e sono tutte ottime.
A quale giocatore infatti piacerebbe sedersi ad un tavolo da gioco senza che prima gli venissero spiegate le regole oppure sapendo che il gioco fosse manovrato da gente che ha interessi diversi dai suoi o, addirittura, sospettando che il mazzo fosse truccato?
Ancora: chi sceglierebbe di giocare tutta la sera ad un tavolo siffatto, avendo a disposizione altri tavoli e giochi più favorevoli? In questo senso, la consulenza finanziaria indipendente ha tutte le caratteristiche per essere preferita ad ogni altra scelta.
Se il mercato (cioè i clienti potenziali) non l’hanno ancora capito, la responsabilità è prevalentemente dell’offerta, cioè degli operatori che vedono in un simile cambiamento dei rapporti con il cliente il rischio di perdere il controllo della relazione stessa e di ridurre i propri margini di reddito.
Di conseguenza, frenano.